mercoledì 20 giugno 2012

La chiave d'accesso: CAPITOLO 6 e 7 "La vita" e "Conclusione"


Sabato 11 Febbraio : La vita

Arrivai a quel venerdì completamente denaturalizzato. Il cammino di quei giorni attraverso la mente accidentata di quel ragazzo mi aveva permesso di ripoggiare i piedi sulla strada che attraversava la mia. Quella mattina le nuvole coprivano il cielo. La sveglia forse aveva suonato, forse no. Non l'avevo sentita o comunque non le avevo dato ascolto. Mi alzai senza guardare l'orologio e, camminando verso la cucina con l'obiettivo scontato del solito caffè, mi accorsi che i miei movimenti erano rallentati. La velocità e la frenesia sono un cattivo sintomo, come le ripetizioni. Ci ho fatto caso più volte da quel momento: le persone che abitano in sè, che sono sicure di sè, si muovono più lentamente delle altre. Penso che questo accada perchè non hanno più paura del tempo. Se si smette di camminare sul sentiero della vita insegnuendo una proiezione di noi stessi, irrangiungibile e girata di spalle, il tempo non è più un problema. La prospettiva longitudinale del vedere noi stessi proiettati in avanti ci distrae. Ci deruba del nostro presente, del nostro tempo. Bisognerebbe preoccuparsi di allargare la vita piuttosto che allungarla. Ora capisco chi lo sosteneva. Guardarsi attorno ci pone di fronte all'essenza del rischio. L'essenza del rischio che per l'uomo altro non è che un esigenza. La ripetizione ci mette al sicuro, i comportamenti circolari, compulsivi sono una facile via d'uscita ma il cambiamento è l'unica via per la felicità. Il salto nel vuoto. La nostra volontà è fuori dal nostro controllo, questo ormai mi è chiaro. E' qualcosa che ci supera, viene da quelcun'altro che abita dentro noi stessi. Il brivido della novità, dell'assenza di sicurezza, è capace di far battere i nostri cuori arrugginiti, di farci riassaporarte la libertà del nostro poter sceglierci. Le possibilità sono infinte. Le regole possono essere infrante senza che nessuno ci lasci le penne, anzi. La paura per molte persone, ed è stato così anche per me, è l'unico sentimento possibile. Anche l'amore era diventato paura ad un certo punto. Ma se la vita è solo paura allora come si può biasimare chi tenta di distruggerla, chi coscientamente corre a tutta velocità sulla strada dell'autodistruzione. Alla luce del sole, prendersi a sberle sorridendo. Alcuni hanno persino elaborato focose teorie che sostengono che sia giusto così, che sia inevitabile, che si vive una volta sola, che vent'anni si hanno una volta sola nella vita. Una volta sola. In tre parole , ora lo capisco, ammettere di essere schiavi della morte. Vivere essendo già morti, pensando solo alla morte e tentando, inutilmente, di sfuggirvi. Paradossale come chi non creda nella morte, chi si ostina a non crederci, alla fine si suicida lentamente estendendo la sua fine a tutta l'esistenza. La televisione, e chi c'è dietro di lei, ci ha promesso un futuro splendente, esagerato, senza limiti. Un paradiso sulla terra, un godimento eterno e infinito. L'ha chiamato felicità e ci ha fottuto tutti. Tutto ciò è irrangiungibile per la stessa natura dell'uomo. É una falsa promessa e ci ha reso tutti schiavi. La rincorsa verso un qualcosa di meglio, di quel qualcosa che forse arriverà domani, è una falsa speranza. É un inganno. É il miglior modo per tenerci in trappola, legati al circolo vizioso del capitalismo, dell'amore per l'oggetto. Tutto questo ci sta distraendo dalla verità, dalla bellezza del mondo, dall'incantevole sorriso di una donna, gli occhi di un bambino, la potenza di una cascata, il suono enorme di un tuono, la forza di un albero e la delicatezza di un filo d'erba, dalle parole di conforto, dagl'amici veri, dai fratelli, dalle madri e dai padri. Molto spesso tutto quello che ci serve è già attorno a noi, il resto bisogna andare a scoprirselo. Andare più in là, guardare oltre, toccare con mano liberandosi da quelle che sono, praticamente tutte, paure infondate.Constatare certe cose ti fa capire di essere cambiato, ti fa capire che ti stai guardando da un'altra prospettiva.

Mi colpì il fatto che non mi sentivo poi troppo diverso. Feci qualche passo per guardarmi allo specchio, vi trovai la solita faccia. Mi accorsi che ci stavo davanti ma non guardavo la mia immagine riflessa, guardavo la finestra, anch'essa riflessa, dietro le mie spalle. La mia figura non m'interessava poi molto, il resto sì. Il resto era un mistero.
Sospeso in quello stato di estasi terrena decisi di fare una passeggiata nel parco. Arrivato nel solito piazzale lo trovai deserto. La panchina nella sua triste solitudine sembrava godersi l'ombra dei cipressi, incurante della mia gioia. Il vento sovviava leggero e il vapore del mio respiro fuggiva veloce abbracciandolo. I rami verticali si accarezzavano tra loro facendo miagolare i colombi commossi. Il cemento dei vialetti tratteneva per sè un po' di calore per darlo ai gatti che, stanchi, si rotolavano sul suo addome. Quando le nuvole si addensarono decisi di prendere la pioggia, e di portarla via. Da sotto due improbabili ombrelli due ragazzini delle medie ridevano convinti, ondeggiando i loro ditini verso me che, fradicio, sorridevo alla vita.

Domenica 12 Febbraio : Conclusione

Mi alzai rilassato, voglioso di uscire. Decisi di fare un ultimo tentativo al parco. Speravo di poter salutare quel ragazzo che tanto era significato per me. Mi gettai addosso qualche indumento a caso e scesi in strada. Arrivato nel piazzale non trovai nessuno. Cominciavo a pensare che forse quell'eccentrico ragazzo non era nient'altro che una proiezione della mia mente quando mi sentii toccare sulla spalla destra. Mi girai e lo vidi, di fronte a me, sorridente e calmo. Mi disse:

"Spero di esserti stato d'aiuto, amico."

Feci per rispondere ma sentii un miliardo di parole che, contemporaneamente, lottavano per aggiudicarsi il posto in pole position del mio discorso, vinse un "sì" seguito a ruota da un "grazie".

Mi sorrise ancora una volta come per ringraziarmi a sua volta. Lessi nel suo sguardo un accento di libertà che aveva il colore del nuovo. Raccolsi la mie emozione da terra e cercai tra queste il coraggio di aggiungere un'ultima domanda :

"Che farai adesso?"

"Mi riposerò un po', oggi è domenica."

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