sabato 23 febbraio 2013

mercoledì 20 febbraio 2013

Fort da



Articolo pubblicato sul numero di febbraio 2013 del periodico universitario Charta Sporca (http://chartasporca.blogspot.it/).

E' una giornata di fine ottobre e, come al solito, fuori piove e io non ho l'ombrello. Arrivo in aula molto presto e molto fradicio. Si sente nell'aria che è un giorno particolare, e ho infatti già intravisto un cameraman Rai con una videocamera del 1492. Lui deve essere un po' più tardo, di poco però. Mi scolo velocemente due caffè Illy dalla macchinetta automatica, e inizio ad aspettare. Piano piano cominciano ad arrivare i primi personaggi con un sorriso baldanzoso in faccia. Io intanto prendo posto, e faccio bene perché in venti minuti la stanza si riempie di gente. C'è grande euforia nell'aria. I presenti si scambiano sguardi ammiccanti, sorrisi più o meno sinceri, strette di mano circostanziali. Mi sarei aspettato di vedere più facce giovani, o forse ci sono, anzi, i giovani intellettuali barbuti sui quaranta, ci sono eccome. Ad un tratto ecco spuntare i pezzi grossi, i docenti che contano, uno di loro si siede proprio accanto a me e non posso negare di sentire un lieve piacere per questo. Quando poi l'aula si è riempita come un uovo sodo, ecco che entra lui, l'eminente studioso, colui per il quale siamo tutti qui riuniti. La preside di facoltà, con cappotto rosso, introduce la lezione intitolata "filosofia e scrittura". Non si dilunga troppo in discorsi inutili, pronti via.
Ricordo immediatamente di non essere filosofo, e di fare fatica a star dietro all'insigne professore e al suo specialistico eloquio. In soli dieci minuti ho già perso la metà dei nomi che vengono citati e allora mi guardo attorno. Per fortuna non sono l'unico a non capire un fico secco di ciò che sta dicendo il docente in cattedra, vedo pose scomposte, facce trasognate, occhi persi nel vuoto. Decido, grazie alla mia solita caparbietà mattutina, di prendere comunque qualche appunto, ed ecco cosa scrivo: "epoché"; "filosofia come stile di vita"; "tempo e racconto"; "Hegel: scrittura del pensiero". Riguardo sconfortato le righe che ho appena buttato giù, e un po' rimpiango di non essere rimasto nel mio letto caldo. Non riesco ad accontentarmi di essere qui solo per fare presenza; per timbrare il cartellino, farmi riprendere dalla telecamera e tornare a casa, assieme al 95% dei presenti, senza un arricchimento che mi ero onestamente aspettato da questa lectio magistralis. D'altronde, mi dico, queste cose funzionano così, è una sfilata, un narcisistico pro forma. Proprio quando ho ormai perso ogni reale speranza, ecco che l'eminente professore cattura la mia attenzione affermando: "Non c'è pensiero senza scrittura, essa è inevitabile per comprendere la filosofia. Essa inoltre non si concentra solo su un soggetto, ma quest'ultimo è sempre doppio o triplo (Marcel Proust). Quando scriviamo, non abbiamo padronanza assoluta di noi stessi, attuiamo un distanziamento: il soggetto, scrivendo, si allontana dalla propria soggettività". EPIFANIA. E ancora: "Il filosofo deve cercare di inventare una lingua straniera, deve forzare i limiti del suo territorio". EPIFANIA SECONDA. "Il rapporto tra filosofia e scrittura, tra soggetto e oggetto (o soggetto-soggetto), è  il freudiano gioco del rocchetto: presenza e assenza. Fort (dal tedesco "via, lontano, partire"), e da ("ecco, qui")". COLPITO E AFFONDATO. In poche parole, non c'è distanziamento (fort) senza ritorno (da), la scrittura infatti è e deve essere un test per verificare la distanza da noi stessi. E' grazie a questa dialettica di forze opposte che nasce il pensiero, la filosofia, l'arte. Casa non mancherà mai, se prima non la si abbandona. Non c'è felicità senza dolore, paura senza speranza. 
La lezione finisce, applausi scrosciano spontanei, i pensieri dei più tornano alle cose di ogni giorno, alle incombenze quotidiane. Velocemente schivo la folla ed esco dall'edificio universitario, la pioggia continua a cadere insistente e il mio cappotto, che avevo posato sul termosifone, torna a bagnarsi. "Fort da" penso. E non mi dà poi così fastidio quest'acqua.