venerdì 27 luglio 2012

Untouchable freedom






Videoclip musicale di mia produzione della canzone "untouchable freedom" targata ambroprod, girato recentemente nel sud Italia, in provincia di Salerno.
Buona visione.

venerdì 13 luglio 2012

L'incontro


Stanotte ho fatto un sogno. Ho sognato il volto di una persona. Capelli castani, sporchi e crespi. Occhi stralunati, fuori dalle orbite, isterici. Viso pallido, scarno, funereo. La barba incolta e lo sguardo alienato fisso su di me. Non batteva ciglio. “Chi sei?” domandai. “Chi sei?” mi rispose. Stetti qualche istante indeciso sul dafarsi. “Chi sei?” gli domandai di nuovo. “Chi sei?”, come un eco dal fondo di un pozzo. Sentii che cominciavo ad agitarmi e quel volto si avvicinava sempre di più, sempre più vicino. “Devo fare un'altra domanda”  pensai. E mentre pensavo alla prossima domanda da porgere fui come sbalzato fuori dal mio corpo ed ecco che tutto si fece più chiaro. Vidi me stesso con le mani sui capelli, sporchi. I miei occhi avevano un non so chè di isterico ed ero pallido in viso. “Dimmi chi sei” dissi a me stesso, continuando a fissare lo specchio.

sabato 7 luglio 2012


Luglio 2011, Pag, Croazia.




Febbraio 2010, Sistiana.


Treno


Stazione semifantasma di provincia. Sottopasso che porta ai binari, lugubre.  Mi guardo attorno, con me aspettano il treno le solite persone incluse nel pacchetto stazionediprovincia: una donna malvestita che consuma una di quelle sigarette infumabili, un immigrato trasandato e parecchio sporco, uno studente alternativo con la barba che sembra abbia quarant’anni. Il treno chissà quando passa, leggo un po’: La cittaduzza di Verrières può passare per una delle più graziose della Franca Contea. Le sue case bianche con i tetti a punta, di tegole rosse, si stendono…  DIN DON: IL TRENO REGIONALE 5843 DELLE ORE 7.26 E’ IN ARRIVO AL BINARIO 2, ALLONTANARSI DALLA LINEA GIALLA. Salgo sul treno, come sempre è sporco e stracolmo di gente. Anche oggi dovrò lottare per accaparrarmi un posto decente. Mentre faccio ricognizione con lo sguardo per qualche posto appetibile, una signora dall’accento slavo mi chiede se voglio sedermi accanto a lei. Che culo! Mi siedo e con sguardo di trionfo mi pavoneggio di fronte agli ebeti rimasti in piedi. La donna credo abbia circa quarant’anni, è vestita veramente malissimo ed ha una sciarpa odorcasadimianonna che continua a piegare e ripiegare continuamente. Ha i capelli crespi e sporchi che stonano con il blu intenso dei suoi occhi. Occhimare la soprannomino. Come il mare fuori dal finestrino che scorre a velocità treno sulla mia sinistra. Il vento lo increspa leggermente e sembra possibile poter sentire l’odore di sale e la brezza che sferza teneramente le gote. Il posto accanto al mio è riservato allo zaino di Occhimare. Uno zaino anni novanta rosso stracolmo di roba. Chissà cosa contiene. D’un tratto estrae dalla tasca della giacca un telefonino molto all’avanguardia che stona decisamente con la sua figura. Compone un numero e chiude gli occhi quasi come a pregare che dall’altra parte qualcuno risponda. Ripete questo gesto più e più volte, poi desiste e caccia i suoi bellissimi occhi nei miei. Si è accorta che la stavo guardando. Riprendo il libro in mano: sul declivio di una collina, sulla quale boschi di vigorosi  castagni  segnano le minime sinuosità. Il Doubs scorre qualche centimetro…  la mia lettura viene interrotta da un signore con un forte accento meridionale, non so perché ma mi ricorda Camillo Benso, il Conte di Cavour.  Si lamenta a voce alta della stato attuale dei treni, e di conseguenza dell’Italia intera, io sorrido e, mentre sto riprendendo la lettura noto che Occhimare sta piangendo mentre parla al telefono. Grosse lacrime sgorgano dagli occhi color mare e mi intenerisco guardandola. Senza rendermene conto la fisso ancor più vigorosamente di prima. DIN DON: SIAMO IN ARRIVO AL CAPOLINEA … Occhimare se ne accorge, chiude la conversazione con uno scatto brusco e pianta per la seconda volta i suoi occhi nei miei. È un attimo. BOOM! Ho solo il tempo di rendermi conto che lo zaino anni novanta rosso che mi stava accanto era pieno zeppo di una quantità di esplosivo necessaria a far saltare in aria 500 bufali e 800 palazzi. E poi un gran casino, io, Occhimare, Cavour, il treno, la stazione, questa maledetta città, tutti insieme nel vortice di quel blu immenso, tutti a vorticare per l’eternità tra corpi amalgamati dal tritolo, irriconoscibili dopo lo scoppio.