venerdì 15 giugno 2012

La chiave d'accesso: CAPITOLO 1 "Introduzione"



Lunedì 6 Febbraio: Introduzione
Appoggiavo per la prima volta il piede destro sull'ultimo scalino di cemento rozzo quando pensai : " indice d'assenza di fondi comunali e di gusto estetico". Cambiai pensiero. Facendo zapping tra la materia che mi circondava vedevo cipressi altissimi, orfani dei loro morti da non disturbare, tristi e abbandonati nelle noiose passeggiate di famiglie apparentemente felici e cani che avevano finalmente imparato ad essere uomini. Avevo deciso di fare quella strada perchè da qualche giorno, stanco del grigiume invernale, avevo riscoperto il gusto della camminata lenta, del passo d'uomo quasi sempre sconfitto nei sondaggi da qualsivoglia treni o autobus. Era lunedì, come avete potuto capire dalla didascalia iniziale, e mi trovavo di fronte a quella che si prospettava una delle settimane più figlie di puttana tra tutte le cinquantadue che compiono l'anno.
"In quanto studente più meritevole del tuo corso, avrai l'onore di seguire un seminario della durata di una settimana, da lunedì 6 febbraio a sabato 11 febbraio, sull'incomunicabilità tra gli individui, la conoscenza dell'altro nei termini della diversità. Il suddetto seminario sarà tenuto da , nientepopodimenochè, il dottor commendator ingegner professor Laalaalaa Lalaaa".
Così diceva la lettera che tenevo di fronte a me, mentre la rovinavo col sudore che mi colava dalle mani. Diceva così più o meno..immagino non ci fosse il "nientepopodimenoche" e quello non fosse il nome del tipo che coordinava la storia. La leggevo e la rileggevo da giorni e non potevo fare a meno di pensare che non capivo nemmeno una delle troppe poche parole scritte. Meritevole? In che senso? Corso? Si parla di corso di studi, corso d'azione o corso della storia? Essere il più meritevole del mio corso della storia mi lusigherebbe ma, con tutto il rispetto, non credo di meritare tanto. Poi per una cosa del genere ricevere in premio un seminario di una settimana? Suvvia, che cazzo. Così pensavo e continuavo a guardarmi intorno, immerso nell'ironia di un ambiente naturale di natura artficiale, che ricordava un bosco solo per la caratteristica benevolezza dei luoghi senza uomini. "Un parco è una pista da passeggio per uomini abbandonata", così pensavo. Mi ricordo che questo pensiero mi era piaciuto. Continuai a camminare quando, restando sospeso nella più laica delle epifanie, vidi una scena piuttosto particolare.
Un ragazzo, che avevo identificato come mio coetaneo, stava in piedi su una delle panchine vecchie e arrugginite case di mille e più tossicodipendenti innamorati e parlava tranquillo, apparentemente a nessuno.Solo due giovani stronzetti provenienza scuole medie lo guardavano da distanza di sicurezza e ne ridevano convinti. Parlava da solo ma era come se stesse insegnando al mondo. Gli occhi sbarrati tendevano a panorami di altri pianeti in altre epoche, lo sguardo inquietante e benevolo allo stesso tempo. Era vestito in smoking e aveva l'aria di chi se l'era messo addosso perchè pensava di incontrare la persona giusta quel giorno. Gesticolava lento a ritmo del vento tardo invernale e spostava il naso come a cercare indizi di primavera premunitori di una calda mattinata. Muoveva involontariamente l'orecchio sinistro e sembrava non credesse a quello che diceva. Incuriosito mi avvicinai, in stato estatico, tanto quanto bastava per sentirne il delirio, diceva :
"la chiave d'accesso è la chiave del cesso la chiave del cesso è la chiave d'accesso l'ascesso è asceso fino a fondere le funi in legami e legumi lagna la mia lasagna calda conduce cercando nuovo duce e luce e donando orecchiete e cime di rap mi si regali un regalo regale ascoltanto le raganelle nelle gonne delle ragazze e urla di terrore Oddio oddio c'è un mostro nei pressi della mia vagina e quella scappa come da tre kappa uno scarafaggio.. forbito? forbito! fan del fanculo da tempi andati zero sole nella solitudine abitudine nonchè l'incubo dell'incudine, poter potere nel dire diranno di voi giovani stronzi sogni di fregne andate, seminano seminari sui binari e sanno di semi più di sonori suoni di amore lontano..."
Così diceva quel pazzo, e non si fermava. Lo ascoltavo perso nel percorso che va dall'interessamento alla resa altruistica, passando per la compassione. Pensavo al dolore di non avere uno schema logico nei pensieri, all'essere talmente disordinati da non essere uomini, tanto da dover stare in piedi su una panchina quando sulle panchine ci si siede. Compativo soprattutto, e giudicavo con onestà e amore quel poveretto incastrato in un loop di pensieri senza senso, di assonanze sconclusionate. Mi chiedevo quale fosse la connessione che in quel cervello doveva essere saltata. Mi chiedevo quando doveva essere saltata. Mi chiedevo se era cosa intelligente o pericolosa provare a chiederglielo. Mi chiedevo tutto questo quando mi accorsi che già stavo chiedendo.
"Scusa? - riuscì ad interromperlo - mi chiedevo cosa vuol dire quello che stai dicendo"
Lui mi guardò alternando nello stesso sguardo la gioia di un padre e la diffidenza di un ladro. Rispose:
"Coraggio giovane, coraggio! smettere di guardare e cominciare a vendere, no a vedere. il verde guardo oltre l'otre del tre tramando di tramonti la verità è la vanità del non capire ma carpire come carpe mica capre qua solo capre capre fino a che si crepa sotto o sopra la panca? - sorrise maligno - sei passato oltre il passato un gran passo da soprassare il gransasso lezione di oggi? introduzione alla dizione del sì nel rispetto profondo del no..affondo affondo mi fondo nelle fronde del farfugliare a ritmo di farfisa..."
Così mi aveva risposto. Più limpido dell'acqua muovendo le mani come se non ci fosse collegamento tra gesto e parola, sembrava nuotasse. Pensai che doveva essere la stessa assenza di collegamento che gli faceva scegliere quelle parole piuttosto che altre, perchè infine, comunque, sceglieva quelle e ne tralasciava altre, no? Decisi di tentare un altro approccio:

“Potresti tradurre nella mia lingua quello che stai dicendo?”

Si fermò un secondo sorpreso dall'originalità della domanda. Continuava a guardarmi come se fossi un angelo e un diavolo allo stesso tempo, monumento d'indecisione e altare di sicurezza allo stesso tempo, sorrise, tornò con lo sguardo al cielo e disse :

“Tradurre...tradurre..come se la lingua fosse languida di languore da cuocere il cuore?”

“Ma certo..che domande...” Risposi senza sapere cosa stesse succedendo.

“Qualora la lingua si fa languida come alloro all'ora e allora? Che siano le tue orecchiette e cime di rap a far di tradizione tradita un percorso che dico discorso che cazzo...tutti a trattegiare il tatto tipo tatoo ma tu sei figlio di tata tatino trovi rovi dove muovi nuovi modi a modo mio dio io...”

E di nuovo non si fermava più. Non c'avevo capito nulla. Arreso all'evidenza della sua follia e compiaciuto dalla mia sanità mi voltai per andarmene. Pensavo che la cosa si potesse chiudere lì, pennellata di orignialità caduta dall'alto sull'affresco della mia storia, lasciando qualche goccia schizzata di colore qua e là. Invece no. Camminavo e sentivo la mia mano farsi strumento nel prendere il libro che mi accompagnava. Pagina a caso, lessi :

Se non che, convengo adesso che questo sarebbe un Dio difficile per la gente savia e anzi addirittura impraticabile, perchè, chi volesse riconoscerlo dovrebbe agire verso gli altri come agivo io una volta, cioè da matto: con equale coscienza di sè e degli altri, perchè sono coscienze come la nostra. Chi facesse veramente così e alle altre coscienze attribuisse l'identica realtà che alla propria, avrebbe per necessità l'idea 'duna realtà comune a tuti, d'una verità e anche di un'esistenza che ci sorpassa: Dio”

Mi fermai e decisi che Pirandello forse stava tentando di dirmi qualcosa. Decisi che l'indomani sarei passato di nuovo per quel parco, per andare al seminario.

Nessun commento:

Posta un commento