sabato 16 giugno 2012

Il poeta

La figura del poeta è, ahimè, troppo spesso associata a qualcosa di estremamente noiso, antiquato e perché no fuori moda. Ognuno di noi è stato costretto a passare attraverso il fin troppo citato "mezzo del cammin di nostra vita", l'arioso "Zefiro che il bel tempo rimena",  l'arcinoto "ermo colle" e via discorrendo; tanto da esser giunti ad associare questi versi con le interminabili ore di Lettere, passate a scarabocchiare sui banchi di scuola. Per poter ridare vita alla figura del compositore di versi e, per così dire, vitalità sociale è necessario innanzitutto recare alla mente una fatto: il poeta è, forse più di ogni altra figura, un essere umano, nel senso più autentico del termine. L'idea che, generalmente, ci si dipinge nella propria testa è quella di una persona cristallizzata in un libro, non più quindi una persona reale ma un mito, un idolo (dal greco: "simulacro"). A mio parere, non c'è cosa più errata di un tale inalzamento ideale. Egli è, infatti, un uomo che ha sentito, provato le passioni umane, anche le più infime, e saputo tradurle in parola; è colui che è stato in grado di esprimere (come tutti i grandi hanno fatto) il sentimento profondo dell'essere umani, lo smarrimento d'innanzi alla vastità e alla varietà della natura e della vita. Soltanto attraverso il recupero di questa dimensione del poeta, è possibile (ed estremamente più facile) comprendere la vera essenza del cantore lirico. 
In secondo luogo mi preme portare all'attenzione qualcosa che certamente ai più non è chiara, poiché se lo fosse, di certo non si arrogherebbero il vanto di essere poeti. Poeta si è, se non con grande studio, fatica e lavorìo. "Il poeta è un grande artiere,/ Che al mestiere/ Fece i muscoli d'acciaio" scrisse Giosue Carducci. A questo proposito alcuni importanti studi relativamente recenti hanno dimostrato come la continua correzione dei propri scritti da parte di poeti e scrittori abbia portato al risultato finale, che non sarebbe stato così elevato se fossero stati abbandonati alla loro prima stesura. Caratteristica comune a tutti coloro che sono stati grandi e fondamentale,  che non deve e non può essere assolutamente dimenticata. A fianco a ciò va ovviamente segnalato, come non a caso un giovane Leopardi fece notare("Scintilla celeste, e impulso soprumano vuolsi a fare un sommo poeta") che poeti si nasce, e sulla base di questa caratteristica innata va affinata l'arte del "cantare". 
Il poeta inoltre, il vero poeta, ha la necessità di vivere una vita appartata, lontana dal trambusto della vita quotidiana, dalle parole pronunciate a casaccio. Ludovico Ariosto dopo una vita di servizio alla corte estense si comprò una piccola casa con il proprio denaro all'entrata della quale fece scrivere "parva sed apta mihi" ("piccola ma adatta a me", di oraziana memoria) proprio con l'intento di sottolineare la necessità da parte del poeta di vivere una vita dimessa. Al di là comunque del luogo in cui egli vive, ogni grande lirico ha il bisogno di ritagliarsi un piccolo spazio del mondo, nel quale rifugiarsi per poter riflettere, assaporare la preziosità del silenzio che tanto ha da dire; e vagare con la mente verso interminati spazi. Godere delle sensazioni che la natura sola sa dare. Valgano come unico e perfetto esempio, e come conclusione i versi 158-166 de "La Ginestra o il fiore del deserto" di Giacomo Leopardi.

 Sovente in queste rive,
 Che, desolate, a bruno
 Veste il flutto indurato, e par che ondeggi,
 Seggo la notte; e su la mesta landa
 In purissimo azzurro
 Veggo dall’alto fiammeggiar le stelle,
 Cui di lontan fa specchio
 Il mare, e tutto di scintille in giro
 Per lo vòto seren brillare il mondo.

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