giovedì 31 maggio 2012

Il Guardiano del Faro


È presto e le strade sono vuote come ogni domenica mattina, le foglie secche danzano sull’asfalto e il vento autunnale soffia fastidiosamente sui capelli scomposti di Lorenzo che, con sguardo assonnato e andatura goffa, inforca la sua bicicletta e si dirige lentamente verso la stazione dei treni. Sarà un addio stile vecchi tempi, la carrozza si allontanerà pian piano lungo i binari ed egli avrà il tempo di sporgere la testa dal finestrino arrugginito e guardare i suoi amici scivolare via, rimanere indietro. Loro sono già tutti li ad aspettarlo, chi fuma una sigaretta, chi beve un caffè, chi semplicemente si stropiccia gli occhi assonnati e stanchi dal sabato sera. Il vento trasporta il suono della bicicletta scalare affannosamente la salita che porta alla stazione, Lorenzo non è abituato a pedalare e sta lievemente sudando sulle tempie e sulla schiena. Una volta abbandonata la bicicletta si rolla una sigaretta senza filtro e compare alla vista degli amici, sorridono, il treno ormai sta per arrivare e come di consueto Lorenzo è tardi, anche per gli addii, quelli importanti. Nessuno sa arrabbiarsi con lui, grazie a quell’aria da bambino ingenuo e la barba a chiazze su un volto forse troppo giovane per la sua età. Il treno lo condurrà lontano a studiare una di quelle facoltà universitarie che sono state dimenticate dai tagli della riforma scolastica: un nome lungo e difficile da ricordare, un’ancora alla quale si aggrapperà per tentare di non finire alla deriva, come molti fanno attorno a lui. Viola ha lo sguardo basso e il viso imbronciato, tenta di scacciare il dolore mettendo il muso come fanno i bambini piccoli. Tiene stretta nella mano destra la sua macchina fotografica digitale, testimone di momenti indimenticabili e puntualmente pronta ad immortalare la bellezza delle persone e dei sentimenti che le legano. Ora si tocca svogliatamente la testa rasata ai lati e finge di sorridere in maniera disinteressata. I pantaloni da uomo le cadono dai fianchi troppo stretti ed è costretta a tirarli su ogni due passi che fa verso Lorenzo. Si abbracciano e sorridono, si mordono e si strattonano. L’attenzione dei presenti viene richiamata da una chitarra male accordata, animata da un ragazzo con i capelli lunghi e sporchi annodati a coda di cavallo, e con degli occhiali da sole seppure la stagione e il tempo non li rendano necessari. Vittorio è uno di quei ragazzi sempre allegri che mai e poi mai mostrerebbero in pubblico la loro debolezza, non per pudore ma per modo di essere. Tutti si girano e ascoltano le note trasportate dal vento mentre Alberto inizia ad intonare una melodia seguendo l’invito di Vittorio. Lorenzo sorride lievemente pensando a quelle innumerevoli volte, durante i viaggi o le uscite fuori porta, nelle quali la chitarra di Vittorio e la voce di Alberto hanno allietato le giornate accanto ad un bicchiere di vino, un po’ acido come le terre da cui viene prodotto. Alberto ha la testa rasata coperta da un cappellino, non riesce proprio a nascondere il suo stato d’animo e tenta di distrarre se stesso e gli altri cantando. Ha un grande talento espressivo, sembra nato a posta per calcare il palcoscenico. Non passa nemmeno il tempo per qualche lacrima di cadere che giunge affannosamente Boris con la sua andatura un po’ trasognata, le mani grandi e pelose, la sacca penzoloni. Il suo è un ritardo cronico e nessuno ormai ci fa più caso. Si avvicina a grandi passi sorridendo un poco e carezzandosi la barba folta che nasconde il viso di un bimbo troppo cresciuto. Estrae goffamente dalla sacca un disegno fatto appositamente per l’occasione e visibilmente terminato all’ultimo istante. Esso ricalca una foto scattata da Viola qualche tempo prima raffigurante Lorenzo assieme ad Augusto, il suo amico fidato d’infanzia dal quale non si è mai seriamente distaccato fino ad oggi. Le loro strade si dividono, Augusto prenderà un aereo verso il continente in cerca di fortuna, Lorenzo guarda per qualche istante il foglio e questa volta non riesce a trattenere le lacrime che cadono dolcemente sul suo viso incavato. Le strade di tutti si dividono: Alberto partirà per la Spagna assieme a Vittorio Viola e Boris, sarà una di quelle partenze indimenticabili che verranno ricordate e raccontate in futuro.
Io sto in silenzio, ascolto e guardo questa scena indimenticabile. Resterò a casa a continuare a leggere e studiare, alzarmi la mattina e tenere d’occhio ciò che loro stanno lasciando. Mi piace il ruolo di Guardiano del Faro e forse ci sono proprio tagliato. Il tempo stringe e il treno fa capolino all’orizzonte, è il momento degli ultimi saluti e degli ultimi abbracci, e io in disparte sussurro: “Buon viaggio amico, buon viaggio!”

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