mercoledì 23 maggio 2012

L'ombrello volante

C’era un volta un bambino che passava intere giornate col naso all’insù, a guardar gli uccelli far mille capriole e giravolte. Una volta cresciuto e divenuto adulto il ragazzo, anche se più raramente, si trovava ancora col naso all’insù ad ammirare ora i monti, ora le nuvole, ora di nuovo gli uccelli. C’erano dei giorni in cui, completamente libero da qualsiasi impegno, il ragazzo si armava di buona volontà e preso il necessario, partiva per una piccola escursione in montagna, cosa che lo rendeva più felice di qualsiasi altra cosa al mondo, perché lo faceva sentire più vicino ad essi.
Nei momenti in cui le sue incombenze quotidiane gli permettevano di dedicarsi a se stesso, il ragazzo pensava a tutte le soluzioni possibili, e anche a quelle impossibili, che avrebbero potuto aiutarlo nel conseguimento del suo obiettivo: volare lassù in alto, come gli uccelli. Pensa e ripensa, un giorno decise di mettere in pratica un’idea che gli era venuta in mente in un giorno di pioggia. Affacciato al balcone di casa sua, vide una signora di mezz’età, con un cagnolino al guinzaglio ed un passo alquanto incerto, essere letteralmente  frenata dal suo gigantesco ombrello che, contrastato dal vento, la faceva indietreggiare piuttosto che avanzare. Il ragazzo, allora, con un calcolo matematico impeccabile, notò che se si fosse ipoteticamente lasciato cadere dal solaio con un ombrello di grandezza pari a quello della signora, avrebbe sicuramente avuto la possibilità di volare, poiché l’ombrello stesso, sarebbe stato contrastato dal vento e quindi impedito nella sua altrimenti inesorabile caduta. Calcolò tutto nei minimi dettagli e, quando il tempo lo permise, si diresse verso il solaio con l’aria di un soldato diretto in guerra e non ebbe nemmeno l’accortezza di pensare  che, se avesse incontrato qualcuno, avrebbe fatto la figura di un perfetto idiota, poiché stava dirigendosi in solaio con un ombrello, in una giornata accecata dal sole. Per fortuna nessun vicino impiccione se ne accorse, o almeno così gli parve. Giunto in solaio il ragazzo si destreggiò nello slalom di antenne e parabole, e raggiunse vittorioso il parapetto del palazzo. Mise da parte quel po’ d’ansia che caratterizza ogni grande passo dell’umanità e si tuffò.
I primi secondi furono di grande entusiasmo poiché sembrava proprio che i suoi calcoli lo avessero portato al risultato sperato, stava appena cominciando a godersi il volo degli uccelli, quando, qualcosa andò storto. Fu probabilmente un piccolo errore di calcolo o l’altezza di lancio troppo esigua (il solaio si trovava solo al quinto piano): il giovane uccello non ebbe nemmeno il tempo di spiegare le ali che si trovò impigliato, o meglio, fortunatamente franato sui rami di un albero sottostante, che toccava il suo punto più alto circa all’altezza del secondo piano. L’ombrello si lacerò quasi completamente e il ragazzo se la cavò con qualche graffio, e una bella strigliata dalla madre. Da quel giorno in poi non passò istante senza che egli non pensasse ad altri modi per realizzare il suo sogno. Rivide i suoi calcoli, costruì modellini e riparò l’ombrello. Passarono addirittura  anni senza che il ragazzo dimostrasse anche l’ombra di un comportamento anomalo, durante i quali trovò il posto adatto alla sua impresa. Si trattava di un’immensa scogliera a picco sul mare. La vista da lassù era mozzafiato, le barche erano talmente minuscole che parevano delle piccole formiche adagiate su una distesa azzurra e luccicante. La si poteva raggiungere solamente tramite un impervio sentiero, che richiedeva un grosso sforzo fisico e una discreta preparazione atletica.
Così un giorno, evitando di insospettire la madre, controllò che tutto fosse pronto, e partì per la scogliera. Prima di eseguire il tanto atteso lancio estrasse dal suo zaino una piccola macchina fotografica che impostò in modalità autoscatto, e appoggiò sopra una pietra a picco sul mare. Tutto era pronto: cielo nitido, niente nuvole, niente vento. Il ragazzo, senza sembrare troppo preoccupato, schiacciò con un piccolo movimento dell’indice il pulsante d’avvio dell’autoscatto: il conto alla rovescia era partito. Dieci secondi al decollo, nove, otto, sette, sei, cinque, quattro, il ragazzo muove i primi passi, tre, la testa ormai sgombra da qualsiasi pensiero, due, la vertigine si traduce in adrenalina, uno, il salto perfetto come da copione, CLICK!
La foto fece il giro del mondo, il ragazzo probabilmente anche. L’ombrello fu ritrovato a 1000km di distanza su una spiaggia in mezzo all’oceano atlantico, lo zainetto a 1000km nella direzione opposta. Il corpo mai ritrovato. Oggi, nel punto in cui il ragazzo prese il volo sorge una targhetta scolpita nella roccia, sopra la quale venne trovata la macchina fotografica. La targhetta recita così: “Da questa scogliera prese il volo il ragazzo volante/ che volle librarsi in aria, come un uccello/ simbolo dell’inesauribile volontà umana di realizzare i propri sogni / e di raggiungere il sole.” Centinaia di persone visitano ogni anno la scogliera. Fiori, foto, pensieri, vengono lasciati ai piedi del masso recante la targhetta. Se invece di guardare in basso verso la pietra, alzassero lo sguardo verso il cielo, probabilmente si accorgerebbero di quello strano uccello che, un po’ sgraziatamente, volteggia leggero nell’aria, là, vicino al sole.

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