Cade una
stella e lascia una scia luminosa. Chissà quante persone vorrebbero essere al
posto mio in questo momento. Il cielo è colmo di luci, le barche e gli aerei
nel mare e nel cielo. Il cielo è bello di notte, le stelle ammiccano con
simpatia. Tutuntutuntutun il treno sfreccia sicuro in mezzo alla terra fredda,
le luci sono dappertutto e fanno brillare gli occhi. Come a Natale e tutti
sembrano più belli, poi c’è l’odore di mandorle e la fiera e il freddo. La
città dall’alto traccia i suoi contorni e abbraccia il mare oscuro che si
confonde con il cielo nero. Centinaia di lumi egoisti e solitari sono il calore
della mia città che si confondono a loro volta con le piccole stelle.
Incredibilmente lontane e pure nostre.
Cade una seconda stella, comincio a pensare che dovrei credere a certe cose,
alle superstizioni. Dove vai poi? Si a te, dove vai? Io me ne sto qui a
guardare qualcosa che è accaduto anni luce fa e mi emoziono, lo racconto e tu intanto lasci la scia. Come
le barche a vela che escono timide dal porto, e il vento le spinge al largo
veloci veloci. La sera, prima di cena, il porto è fresco e canta. Le macchine
passano svelte e riflettono le loro luci nell’acqua, e i lampioni si specchiano negli occhi della gente. Da sopra, le
montagne maestose continuano a ricordarci la nostra insignificante piccolezza.
A volte dagli scogli si vede la luna solinga, eterna peregrina, e la sua luce
bianca dipinge di un dolce pallore i volti. Si, siamo tutti più belli anche
sotto la Luna. Oppure quando scende la neve candida e morbida e le strade e le
case si coprono di bianco. I rumori quotidiani vengono attutiti e smorzati e
ognuno si sente nuovo, diverso. Come quando sboccia la primavera e Zefiro il
bel tempo rimena, e il leggero calore che sfiora la pelle umida e le risa dei
bimbi. L’odore di erba e di campi in periferia.
I vicoli stretti e sporchi chiudono a tenaglia le poche
manciate di vite che li percorrono, accoglienti come l’abbraccio della
mamma. L’odore di pesce e di pane e il
gatto arancione. La piazza grande e là, si là in fondo, oltre il mare le
montagne bianche immense. Autoritarie e confortanti. Soffia il vento, quello
forte, e porta con sé i pensieri, di ogni genere. L’oro e il freddo, il carso e
il mare. Impossibile immaginare come facciano tutte quelle persone a vivere
così poco distanti le une dalle altre, schiacciati in una coltre di edifici incastrati
tra salite e discese. D’altronde è bello qui, confortante. Sapere di essere al
margine di un qualcosa che forse non ci appartiene, a cui non apparteniamo. La
solita vecchia storia dello spettatore in galleria.
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