Venerdì
10 febbraio : L'amore
C'è
in ogni uomo una tendenza a voler superare i propri limiti, a voler
esagerare. Altrimenti è difficile spiegarsi come l'essere umano
cerchi, costantemente, di andare nella direzione sbagliata. Una volta
trovato un equilibrio decente, lo supera e lo stravolge. Di nuovo e
per sempre. Questa tendenza che qualcuno ha chiamato Thanatos,
istinto di morte, e che altri chiamano estro o determinazione, è ciò
che ci rende umani. E' propobabilmente ciò che ci ha permesso di
evolverci in maniera così strana rispetto ai nostri fratelli
animali. In contrasto con questo esiste una forza benevola,
indiscutubile, che ci strattona su quella che, impropriamente,
chiamiamo "retta via". Tutti ci siamo resi conto, almeno
una volta nella vita, che esiste, o che deve esistere, un fattore
positivo soprannaturale che guida un uomo nel fare le cose nel modo
giusto. E' ciò che fa la differenza. E' l'amore. L'amore nel senso
più ampio e più preciso allo stesso tempo, l'amore nel senso di
gesto d'amore, segno d'amore. Si può facilmente ricondurre, a mio
avviso, ogni violenza o tragedia della storia dell'uomo ad una
mancanza, ad un'assenza, di questo segno. Comportamenti violenti, di
tipo psicologico o fisico, sono sempre conseguenza di un dolore oltre
che causa. La violenza non può che nascere da altra violenza, e
questa non è altro che una mancanza d'amore. Figli violenti sono
conseguenza di genitori distratti, incapaci, non pronti, non amanti.
E questi, a loro volta, sono tali in quanto figli di genitori
altrettanto inadeguati. Figlio dopo figlio il mondo si è riempito di
genitori e di eredi inadeguati che hanno creato tra loro relazioni,
un'altra volta, inadeguate. Queste relazioni hanno portato alla
formazione di comunità attraverso legami complessi conseguenza di
quella che è quindi un' esponenziale assenza d'affetto. Il peccato
originale, direbbe qualcuno. La colonna portante dell'umanità,
crepata e traballante. Il lato più affascinante di tutto ciò è che
l'amore non è una prerogativa del passato, non è un anziano signore
in punto di morte, non è legato al tempo remoto ma al presente. La
sua capacità è quella di rigenerarsi continuamente se maneggiato a
dovere. Non morirà mai finchè non morirà l'ultimo uomo. Finchè ci
sarà qualcuno che, stucco alla mano, ristrutturerà quella
traballante colonna portante, ci sarà speranza e in qualche modo ci
sarà bene, ci sarà vita. La sua forza sta, come per alcune arti
marziali, nell'avversario. Un uomo che sa cosa vuol dire l'amore non
risponde alla violenza con altra violenza, l'assorbe,l'asseconda e
risponde con un sorriso. In questo modo da una disputa la forza
negativa, il male, scompare, assorbito, lasciando spazio all'amore
che può persino espandersi in un contagio plastico.
Mi
era sembrato questo l'insegnamento più importante di quel mio
seminario improvvisato tenuto da un folle dai lineamenti incerti,
anche se d'amore non s'era mai parlato. Percepivo quel ragazzo nel
parco come il mio riflesso in uno specchio che non c'era, l'ombra di
una verità irraggiungibile.
Alle
7 di mattina ero già in piedi, vestito e lavato, pronto per la
lezione. Una volta sentii uno psicanalista dire che la felicità si
può comprendere quando ci si alza la mattina chiedendo "ancora".
Ancora un po' di tutto questo, per favore. "Ancora",
sussurrai. "Ancora di più", pensai. L'ambizione è nemica
del successo solo quando il successo lo decreta qualcuno che abita al
di fuori di noi stessi. Altrimenti è la sua migliore amica e può
non avere limiti. Può avanzare in un rapporto asintotico con la
felicità, soddisfacente in quanto concreto e allo stesso tempo
slegato dal mito del "dover arrivare". D'altronde non è
forse vero che un viaggio diventa memorabile solo quando è stato
memorabile il tragitto, il cammino?
Così
pensavo trotterellando verso il parco. Guardando il cielo azzurro e
facendo passare antipasti di aria fredda su per le narici congelate.
Il mio giovane amico, quella mattina, non era da solo. I suoi occhi
non erano persi nel mondo come le altre mattine, erano paralizzati in
un obiettivo. Un obiettivo di carne vive. La biologia
dell'interazione tra sguardi formava una dimensione distaccata alla
quale gli altri mortali non potevano accedere. Erano due oggetti fusi
in un unico terzo, che osservava la realtà. Si accarezzavano, anche.
Si sfioravano in un gioco di fusa senza compromessi e recite. Veri
innamorati.
Sulla
panchina accanto a lui se ne stava accovacciato infatti un fantastico
esemplare canino. Appartenente a nessuna razza, ne religione. Un
cane. Il pelo biondo sfilacciato dal tempo e dall'esperienza. Le
croste di fango sui ciuffi più lunghi, gli occhi grigi di un anziano
signore. Era una femmina, mi accorsi. Teneva la testa appoggiata
sulle gambe del mio maestro schiacciandovi delicatamente la gola
calda e leggermente sbavata. Gli occhi socchiusi parlavano di un
sogno di complicità infinita.
Mi
avvicinai per parlare, chiesi:
"Non
ti avevo mai visto in compagnia, chi è questa bella creatura?"
Si
girarono entrambi come in un tuffo sincronizzato. Si scambiarono uno
sguardo sorridente, poi lui parlò:
"Lei
è Libera. Mia compagna di vita da molti anni ormai. E' la mia parte
mancante, la mia complice instancabile. Puoi accarezzarla, se ti va,
ne sarà felice."
Avvicinai
timidamente la mano come per paura di essere morso. Sentii i suoi
baffi di plastica strofinarsi leggermente sulla pelle. Accompagnò il
mio gesto muovendo la testa come in un guaito silenzioso. Fece uno
sbadiglio di conferma.
"Non
l'avevo mai vista – dissi – da queste parti, dov'è stata tutta
la settimana?"
Mi
guardò curioso.
"Non
lo so dov'era – rispose – non la vedevo da più di un mese, in
realtà. Non lo so dove fosse e non m'interessa, nei suoi occhi vedo
la felicità e questo mi basta, basta! - esplose quasi
silenziosamente in un raptus- si chiama Libera, perchè è libera. Ci
vuole tanto? Alla fine torna sempre qui quo qua ma può succedere che
sia io a partire per andarla a trovare, perchè ho bisogno di lei.
Oppure lei torna, perchè ha bisogno di me. Ma non so dove vada,
dada. Non ci rincontriamo perchè dobbiamo ma perchè altrimenti non
ce la facciamo a ritrovare noi stessi. Nessuno obbligo, di nessun
tipo capisci? E' tutto vero"
Pensai
per un attimo di aver sopravvalutato la sua sanità mentale. Mi stava
parlando di un fidanzamento con un cane, tutto sommato. Confuso
decisi di chiedere, avendo ormai imparato che solo chiedendo potevo
risolvere i miei dubbi:
"Scusa..mi
stai dicendo che tu e questa bellissima cagna siete fidanzati?"
Sorrise
guardando la sua consorte. Lei rispose con un leggero bofonchiare
come a dire "che palle".
"Ti
posso dire di sì che siamo fidanzati così penserai che sono pazzo,
ti posso dire che lei è la mia migliore amica così penserai che
questa è semplicemente una bella scena. Non lo so cosa siamo e posso
dire con sicurezza che non ce ne frega un cazzo. Siamo, a differenza
di molti, e basta. Non ci sono compromessi, io sono uomo, lei un
cane. Nessuno tenta di convincere l'altro che il suo è il modo di
vivere migliore. Ci rispettiamo e abbiamo imparato a farlo
conoscendoci. Ho provato a cagare come lei una volta ma lei mi ha
guardato strano, mi ha detto che cazzo fai caga come ti viene meglio.
E così faccio, e stiamo bene. Poi chiamaci fidanzati, amici o
rastrelli a me questo non interessa, e a lei nemmeno. Te lo posso
assicurare. Vero Libera?"
L'animale
rispose di sì. E si alzò per andare da qualche parte, forse proprio
a cagare. Lui la guardò ancheggiare stanca e sorrise. Disse "Fa
sempre così". Poi si rivolse a me e mi chiese:
"Tu
hai mai provato l'amore?"
Rimasi
qualche minuto a pensare. Le sue domande non esigevano una risposta,
non creavano aspettativa, quindi mi presi il tempo che serviva per
fare un giro nei miei ricordi. Sentii una morsa arrugginita
aggrapparsi allo stomaco, dissi:
"Molto
tempo fa..."
"Dovresti
riprovare – incalzò lui – altrimenti che ci stai a fare qui?"
Mi
alzai e me ne andai senza salutare. Non che qualcuno avesse richiesto
il mio saluto, d'altronde. Con la triestezza nell'anima e negl'occhi
decisi di passeggiare un po'. Quand'è che avevo rinunciato
all'amore? Non me lo ricordavo e da un certo punto di vista mi
sembrava di non averlo mai fatto. Mi sembrò che per anni avessi
semplicemente amato per conto di altri. Altri avevano amato me, e io
con loro avevo semplicemente amato il loro amare me. Sentii come la
sensazione di ritornare nel mio corpo. Pensai ad altro mentre tentavo
di restare sull'argomento. Infine decisi di non forzarmi e guardai i
fiori. Poco più in là passava una ragazza troppo giovane per me,
aveva un giubbotto verde militare e le idee confuse. Le sorrisi.
Lei
fece finta di rispondere al telefono. Sorrisi di nuovo, questa volta
per me.
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