Lunedì
6 Febbraio: Introduzione
Appoggiavo
per la prima volta il piede destro sull'ultimo scalino di cemento
rozzo quando pensai : " indice d'assenza di fondi comunali e di
gusto estetico". Cambiai pensiero. Facendo zapping tra la
materia che mi circondava vedevo cipressi altissimi, orfani dei loro
morti da non disturbare, tristi e abbandonati nelle noiose
passeggiate di famiglie apparentemente felici e cani che avevano
finalmente imparato ad essere uomini. Avevo deciso di fare quella
strada perchè da qualche giorno, stanco del grigiume invernale,
avevo riscoperto il gusto della camminata lenta, del passo d'uomo
quasi sempre sconfitto nei sondaggi da qualsivoglia treni o autobus.
Era lunedì, come avete potuto capire dalla didascalia iniziale, e mi
trovavo di fronte a quella che si prospettava una delle settimane più
figlie di puttana tra tutte le cinquantadue che compiono l'anno.
"In
quanto studente più meritevole del tuo corso, avrai l'onore di
seguire un seminario della durata di una settimana, da lunedì 6
febbraio a sabato 11 febbraio, sull'incomunicabilità tra gli
individui, la conoscenza dell'altro nei termini della diversità. Il
suddetto seminario sarà tenuto da , nientepopodimenochè, il dottor
commendator ingegner professor Laalaalaa Lalaaa".
Così
diceva la lettera che tenevo di fronte a me, mentre la rovinavo col
sudore che mi colava dalle mani. Diceva così più o meno..immagino
non ci fosse il "nientepopodimenoche" e quello non fosse il
nome del tipo che coordinava la storia. La leggevo e la rileggevo da
giorni e non potevo fare a meno di pensare che non capivo nemmeno una
delle troppe poche parole scritte. Meritevole? In che senso? Corso?
Si parla di corso di studi, corso d'azione o corso della storia?
Essere il più meritevole del mio corso della storia mi lusigherebbe
ma, con tutto il rispetto, non credo di meritare tanto. Poi per una
cosa del genere ricevere in premio un seminario di una settimana?
Suvvia, che cazzo. Così pensavo e continuavo a guardarmi intorno,
immerso nell'ironia di un ambiente naturale di natura artficiale, che
ricordava un bosco solo per la caratteristica benevolezza dei luoghi
senza uomini. "Un parco è una pista da passeggio per uomini
abbandonata", così pensavo. Mi ricordo che questo pensiero mi
era piaciuto. Continuai a camminare quando, restando sospeso nella
più laica delle epifanie, vidi una scena piuttosto particolare.
Un
ragazzo, che avevo identificato come mio coetaneo, stava in piedi su
una delle panchine vecchie e arrugginite case di mille e più
tossicodipendenti innamorati e parlava tranquillo, apparentemente a
nessuno.Solo due giovani stronzetti provenienza scuole medie lo
guardavano da distanza di sicurezza e ne ridevano convinti. Parlava
da solo ma era come se stesse insegnando al mondo. Gli occhi sbarrati
tendevano a panorami di altri pianeti in altre epoche, lo sguardo
inquietante e benevolo allo stesso tempo. Era vestito in smoking e
aveva l'aria di chi se l'era messo addosso perchè pensava di
incontrare la persona giusta quel giorno. Gesticolava lento a ritmo
del vento tardo invernale e spostava il naso come a cercare indizi di
primavera premunitori di una calda mattinata. Muoveva
involontariamente l'orecchio sinistro e sembrava non credesse a
quello che diceva. Incuriosito mi avvicinai, in stato estatico, tanto
quanto bastava per sentirne il delirio, diceva :
"la
chiave d'accesso è la chiave del cesso la chiave del cesso è la
chiave d'accesso l'ascesso è asceso fino a fondere le funi in legami
e legumi lagna la mia lasagna calda conduce cercando nuovo duce e
luce e donando orecchiete e cime di rap mi si regali un regalo regale
ascoltanto le raganelle nelle gonne delle ragazze e urla di terrore
Oddio oddio c'è un mostro nei pressi della mia vagina e quella
scappa come da tre kappa uno scarafaggio.. forbito? forbito! fan del
fanculo da tempi andati zero sole nella solitudine abitudine nonchè
l'incubo dell'incudine, poter potere nel dire diranno di voi giovani
stronzi sogni di fregne andate, seminano seminari sui binari e sanno
di semi più di sonori suoni di amore lontano..."
Così
diceva quel pazzo, e non si fermava. Lo ascoltavo perso nel percorso
che va dall'interessamento alla resa altruistica, passando per la
compassione. Pensavo al dolore di non avere uno schema logico nei
pensieri, all'essere talmente disordinati da non essere uomini, tanto
da dover stare in piedi su una panchina quando sulle panchine ci si
siede. Compativo soprattutto, e giudicavo con onestà e amore quel
poveretto incastrato in un loop di pensieri senza senso, di assonanze
sconclusionate. Mi chiedevo quale fosse la connessione che in quel
cervello doveva essere saltata. Mi chiedevo quando doveva essere
saltata. Mi chiedevo se era cosa intelligente o pericolosa provare a
chiederglielo. Mi chiedevo tutto questo quando mi accorsi che già
stavo chiedendo.
"Scusa?
- riuscì ad interromperlo - mi chiedevo cosa vuol dire quello che
stai dicendo"
Lui
mi guardò alternando nello stesso sguardo la gioia di un padre e la
diffidenza di un ladro. Rispose:
"Coraggio
giovane, coraggio! smettere di guardare e cominciare a vendere, no a
vedere. il verde guardo oltre l'otre del tre tramando di tramonti la
verità è la vanità del non capire ma carpire come carpe mica capre
qua solo capre capre fino a che si crepa sotto o sopra la panca? -
sorrise maligno - sei passato oltre il passato un gran passo da
soprassare il gransasso lezione di oggi? introduzione alla dizione
del sì nel rispetto profondo del no..affondo affondo mi fondo nelle
fronde del farfugliare a ritmo di farfisa..."
Così
mi aveva risposto. Più limpido dell'acqua muovendo le mani come se
non ci fosse collegamento tra gesto e parola, sembrava nuotasse.
Pensai che doveva essere la stessa assenza di collegamento che gli
faceva scegliere quelle parole piuttosto che altre, perchè infine,
comunque, sceglieva quelle e ne tralasciava altre, no? Decisi di
tentare un altro approccio:
“Potresti
tradurre nella mia lingua quello che stai dicendo?”
Si
fermò un secondo sorpreso dall'originalità della domanda.
Continuava a guardarmi come se fossi un angelo e un diavolo allo
stesso tempo, monumento d'indecisione e altare di sicurezza allo
stesso tempo, sorrise, tornò con lo sguardo al cielo e disse :
“Tradurre...tradurre..come
se la lingua fosse languida di languore da cuocere il cuore?”
“Ma
certo..che domande...” Risposi senza sapere cosa stesse succedendo.
“Qualora
la lingua si fa languida come alloro all'ora e allora? Che siano le
tue orecchiette e cime di rap a far di tradizione tradita un percorso
che dico discorso che cazzo...tutti a trattegiare il tatto tipo tatoo
ma tu sei figlio di tata tatino trovi rovi dove muovi nuovi modi a
modo mio dio io...”
E
di nuovo non si fermava più. Non c'avevo capito nulla. Arreso
all'evidenza della sua follia e compiaciuto dalla mia sanità mi
voltai per andarmene. Pensavo che la cosa si potesse chiudere lì,
pennellata di orignialità caduta dall'alto sull'affresco della mia
storia, lasciando qualche goccia schizzata di colore qua e là.
Invece no. Camminavo e sentivo la mia mano farsi strumento nel
prendere il libro che mi accompagnava. Pagina a caso, lessi :
“Se
non che, convengo adesso che questo sarebbe un Dio difficile per la
gente savia e anzi addirittura impraticabile, perchè, chi volesse
riconoscerlo dovrebbe agire verso gli altri come agivo io una volta,
cioè da matto: con equale coscienza di sè e degli altri, perchè
sono coscienze come la nostra. Chi facesse veramente così e alle
altre coscienze attribuisse l'identica realtà che alla propria,
avrebbe per necessità l'idea 'duna realtà comune a tuti, d'una
verità e anche di un'esistenza che ci sorpassa: Dio”
Mi
fermai e decisi che Pirandello forse stava tentando di dirmi
qualcosa. Decisi che l'indomani sarei passato di nuovo per quel
parco, per andare al seminario.
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