domenica 28 ottobre 2012

The Catcher in the Rye


"The Catcher in the Rye", scritto da J.D. Salinger nel 1951, è a noi noto con il titolo "Il giovane Holden", vista l'obiettiva difficoltà di tradurre in italiano il titolo originale (che suonerebbe più o meno il "prenditore nella segale", con tutti discorsi che potrebbero farsi sulla parola catcher, un ruolo del baseball, e rye, una varietà di alcolico statunitense, il whisky-rye). 
Il libro è tradizionalmente catalogato come "romanzo di formazione" o "libro per adolescenti", in quanto mette effettivamente in scena i pensieri, le vicende e le difficoltà di un ragazzo di sedici anni, inserito nel contesto della New York fine anni '40. A mio parere però, così facendo si rischia di smorzare e diminuire la forza di questo romanzo. Esso ha sì per protagonista un quasi-bambino, ma è stato scritto da un uomo. Salinger infatti si traveste da ragazzino per esprimere le sue considerazioni su un mondo che non gli piace, su una società ipocrita e colma di valori vuoti, sterili. Il mezzo di cui si avvale è un linguaggio forte e secco, colmo di modi di dire ed espressioni giovanili, che scandalizzò non poche persone dell'epoca. Il giovane Holden Caulfield finge di essere ignorante ma legge moltissimo, finge di odiare il cinema ma conosce e apprezza una valanga di film, finge infine di odiare le persone ma in realtà ne è attratto. Sviluppa ed espone pensieri sulla vita e sulla società che non sono solo frutto di una crisi adolescenziale. Infatti non mi riesce proprio di credere che Salinger abbia semplicemente voluto parlare di disagio giovanile, io credo abbia trovato l'unico modo per dire ciò che pensava del mondo che lo circondava, senza dover tirar fuori spiegazioni o dovere scuse a qualcuno. Il suo è un pensiero anticonformista e antiretorico al cento per cento e, per dirla con Holden, mi ha letteralmente lasciato secco.


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