28 dicembre 2012, Staranzano
Lo Spettatore Triestino, è un blog non letterario, non filosofico, non storico, non scientifico, non artistico. Lo scopo che si prefigge è quello di dilettare i pochi che leggeranno, senza la pretesa di essere utile o interessante, credendo fermamente come disse qualcuno, che il dilettevole sia più utile che l'utile.
domenica 30 dicembre 2012
sabato 29 dicembre 2012
DM (digitalmermory)
Ho una
memoria digitale.
Digitare
1 per ricordi d'amore e così via.
Ho il
pensiero virtuale in scrittura java.
Gli sms
hanno preso il posto della poesia.
So
scrivere sms coinvolgenti.
Sono un
poeta coinvolgente.
Ragionamento
da quattro soldi,
i
nostri nonni erano più solidi.
Oggi ho
mangiato un terabyte e non mi ha saziato.
Straziato
come quando perdi qualcosa, ma il dolore si lava, si scrosta col tempo.
Un buon
esempio è quando credi di non farcela più. Quando credi che le pareti ti
crollino addosso e le macerie ti soffochino fino a morire asfissiato. Tutto o
niente ha più senso e vorresti giacere (to lie down) al suolo inerme. Vorresti
sentire il tuo corpo fondersi con il pavimento e sparire nella crosta
terrestre.
O come
quando ti senti talmente arrabbiato che vorresti spaccare tutto. Gettare via il
dolore dal corpo come si fa con le immondizie. Prendere un martello e
fracassare tutto. Sentire il rumore degli oggetti che si frantumano davanti
agli occhi spaventati della gente. Divellere ogni parte del tuo corpo e gettarla
il più lontano possibile, bruciare i vestiti e strapparti i capelli.
Altre volte invece
mountain meets sea
and anything you touch
or watch
is free.
When you see
that beauty
is so hard that mows down your knees
and the breeze
makes you happy.
E intanto
il tempo, lento
Porta con
sé il dolore, che scivola sulla pelle nuda,
sempre
pronto a tornare.
giovedì 27 dicembre 2012
martedì 25 dicembre 2012
venerdì 21 dicembre 2012
Istantanea
Rinnego
tutto
E non
rimpiango niente,
E subito mi
sovviene alla mente ciò che è stato e
Ciò che non
(lo è stato).
E così sovente, le
cose mi appaiono grigie, prive di senso.
Un colore
amaro intenso.
sabato 15 dicembre 2012
Non so se sento
o se è l'ennesimo travestimento.
Non so se sento
o se è l'ennesimo travestimento.
Non so se sento
o se è l'ennesimo travestimento.
Non so se sento
o se è l'ennesimo travestimento.
o se è l'ennesimo travestimento.
Non so se sento
o se è l'ennesimo travestimento.
Non so se sento
o se è l'ennesimo travestimento.
Non so se sento
o se è l'ennesimo travestimento.
Istanbul 2012
Arrivati ad Istanbul in un pomeriggio umido e afoso, siamo stati invasi da una gran quantità di rumori, odori, e colori. Il mio primo pensiero è stato: "Io qua non ci resisto nemmeno un paio d'ore" tanto il caos della città mi aveva sopraffatto. Dopo un paio d'ore, non sarei mai voluto tornare a casa. Questo è il resoconto per immagini (e suoni e colori) del nostro viaggio. Enjoy
lunedì 10 dicembre 2012
sabato 8 dicembre 2012
venerdì 7 dicembre 2012
When I have fears
La difficoltà di riuscire ad esprimere i propri pensieri. L'inevitabile scorrere del tempo.
La fragilità e la precarietà della bellezza e dei momenti sereni.
La contemplazione del mondo immenso, till love and fame to nothigness do sink.
giovedì 6 dicembre 2012
Il sergente nella neve
Uno di questi autori è Mario Rigoni Stern. Leggendo il suo capolavoro, Il sergente nella neve (1953), ci si accorge subito che a scrivere non è un intellettuale di alto rango, ma un uomo qualunque che tenta attraverso la pagina scritta di trasporre le sue emozioni, le sue visioni della vita. A scuola, in un istituto superiore il programma canonico prevede che si debbano studiare autori, date, accadimenti che probabilmente nessuno poi ricorderà più, senza soffermarsi troppo sulla proposta di letture che possono segnare nel profondo. Io non ricordo quando lessi per la prima volta questo romanzo, né se all'epoca sapessi cosa fosse la ritirata dalla Russia o cosa fosse un'isba, ma ricordo, questo sì, il seguente passo che, per fortuna, non necessita nessun tipo di commento:
"Corro e busso alla porta di un'isba. Entro. Vi
sono dei soldati russi, là. Dei prigionieri? No. Sono armati. Con la stella
rossa sul berretto! Io ho in mano il fucile. Li guardo impietrito. Essi stanno
mangiando attorno alla tavola. Prendono il cibo con il cucchiaio di legno da
una zuppiera comune. E mi guardano con i cucchiai sospesi a mezz'aria. - Mnié
khocetsia iestj, - dico. Vi sono anche delle donne. Una prende un piatto, lo
riempie di latte e miglio, con un mestolo, dalla zuppiera di tutti, e me lo
porge. Io faccio un passo avanti, mi metto il fucile in spalla e mangio. Il
tempo non esiste più. I soldati russi mi guardano. Le donne mi guardano. I
bambini mi guardano. Nessuno fiata. C'è solo il rumore del mio cucchiaio nel
piatto. E d'ogni mia boccata. - Spaziba, - dico quando ho finito. E la
donna prende dalle mie mani il piatto vuoto. - Pasausta, - mi risponde con
semplicità. I soldati russi mi guardano uscire senza che si siano mossi. Nel
vano dell'ingresso vi sono delle arnie. La donna che mi ha dato la minestra, è
venuta con me come per aprirmi la porta e io le chiedo a gesti di darmi un favo
di miele per i miei compagni. La donna mi dà il favo e io esco.
Così è successo questo fatto. Ora non lo trovo affatto
strano, a pensarvi, ma naturale di quella naturalezza che una volta dev'esservi
stata tra gli uomini. Dopo la prima sorpresa tutti i miei gesti furono
naturali, non sentivo nessun timore, né alcun desiderio di difendermi o di
offendere. Era una cosa molto semplice. Anche i russi erano come me, lo
sentivo. In quell'isba si era creata tra me e i soldati russi, e le donne e i
bambini un'armonia che non era un armistizio. Era qualcosa di più del rispetto
che gli animali della foresta hanno l'uno per l'altro. Una volta tanto le
circostanze avevano portato degli uomini a saper restare uomini. Chissà dove
saranno ora quei soldati, quelle donne, quei bambini. Io spero che la guerra li
abbia risparmiati tutti. Finché saremo vivi ci ricorderemo, tutti quanti
eravamo, come ci siamo comportati. I bambini specialmente. Se questo è successo
una volta potrà tornare a succedere. Potrà succedere, voglio dire, a
innumerevoli altri uomini e diventare un costume, un modo di vivere"
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